Di sera, molto spesso, c’è sempre il momento in cui l’attività celebrare va a tutta birra, non proprio a causa dello studio o della settimana enigmistica, ma semplicemente perché si ha voglia di pensare. Si arriva ad un certo orario dove ormai la tristezza la fa da padrone. Qualsiasi pensiero bello della giornata appena trascorsa viene sostituito senza scrupolo da una stana sensazione di tristezza. Probabilmente è colpa del nostro carissimo cervello, che talvolta ragiona più di quanto dovrebbe, e per giunta facendolo in modo sbagliato. Quando si entra in questa fase della giornata la nostra mente comincia ad elaborare soltanto cazzate superpessimistiche. I registi dei film mentali cominciano a girare dei veri e propri capolavori da Oscar, con tanto di trama intrecciata, finale a sorpresa e colonna sonora… naturalmente anch’essa tristissima. I motivi di questa “fase no” sono molteplici. Magari la propria squadra del cuore ha subito un gol all’ultimo minuto della partita, facendoti strozzare l’esultanza per la vittoria in gola, oppure perche si è appena conclusa una strage di formiche con annesso senso di colpa. Ma alla fine è inutile girarci su, la colpa è tutta del cuore. Basta una piccola frase fuori posto, un sorriso negato o una battutaccia e… ciak, si gira! Possiamo soltanto sperare che le luci in sala si accendano il prima possibile per poi cominciare a girare un altro film, questa volta vero!
Il Paragrafo di Mezzo
domenica 1 gennaio 2012
venerdì 23 dicembre 2011
Sguardo giù
Per l’ennesima volta Luca era in ritardo. Ogni volta che passava davanti all’orologio, si prometteva di correggere la posizione delle lancette, ma era troppo pigro per farlo. Ancora una volta fu costretto a fare tutto in fretta. Un boccone al volo e poi di corsa nel bagno, dove con una mano manteneva il phon per asciugarsi i capelli, e con l’altra lo spazzolino da denti. Avrebbe voluto anche radersi il pizzetto, diventato ormai fin troppo lungo, ma non ebbe il tempo. L’autobus che passa sotto casa di Luca spesso arriva con un po’ di ritardo, ma meglio non fare affidamento sugli slittamenti d’orario dei mezzi pubblici. Il buon Dio probabilmente era di buon umore quel giorno, e fece in modo che l’autobus passasse con ben tredici minuti di ritardo, giusto il necessario per evitare che Luca lo perdesse. Il cielo era nuvoloso, e soffiava un vento gelido capace di penetrare anche nei cappotti e nei giubbini più pesanti. Di li a pochi minuti il buon Luca avrebbe dovuto incontrare un certo Dott. Bondi, proprietario di una casa editrice, con la speranza che gli pubblicasse il suo primo manoscritto, “La ragazza del primo piano”, un intreccio tra il genere romantico e uno splatter. Solo lui era in grado di inventare una storia simile. L’autobus arriva, le porte automatiche si spalancano e la gente che aspettava alla fermata comincia a salire. Luca, ancora mezzo addormentato, sale per ultimo e si mette a sedere nel posto centrale, in fondo alla corriera. Qualsiasi persona normale, avrebbe cercato di far scorrere il tempo più velocemente leggendo un quotidiano o ascoltando della musica da un lettore portatile, invece lui, quel giorno decise di fissare le persone sedute di fronte a lui; decise di giocare di fantasia, un po come fanno i bambini. Prima scrive libri semiporno e poi gira film mentali come un bambino coglione. Il suo carattere alcune volte tira brutti scherzi. Il suo posto poteva, in un certo senso, essere "strategico", perfetto per ciò che aveva deciso di fare. Da li riusciva a guardare negli occhi qualsiasi persona che saliva o scendeva. Per tre fermate continuò a scrutare i volti della persone. I suoi occhi catturarono sguardi di pensionati, liceali, avvocati, barboni e disoccupati, finche la sua attenzione non venne attirata da una ragazza che salì dal portellone anteriore, che prese posto proprio di fronte a lui. Da un libro che usciva dalla borsa in pelle marrone che portava a tracolla, Luca dedusse che fosse una studentessa. Dall’aspetto sembrava una ragazza timida. Luca continuò a fissarla. Indossava un cappotto grigio fino alle ginocchia, un paio di jeans con due grossi stivaloni di camoscio. Aveva lo sguardo rivolto verso terra, perciò Luca non riuscì a distinguere il colore dei suoi occhi, lavorò di immaginazione. Cominciò a far viaggiare la mente, e con tutte quelle fantasie che gli passavano per la testa, avrebbe avuto abbastanza spunti da poter scrivere “La ragazza del primo piano, Vol. 2 – La vendetta”. Una frenata improvvisa riportò Luca nel mondo reale, ma subito dopo ricominciò ad osservare altre cose. Nel posto dietro a quello dell’autista si era appena seduto uno strano signore con un ancor più strano cappello, uno di quelli che hanno la cordicella che scende fino al collo. Più che strano, quel copricapo era davvero ridicolo, solo un tipo con qualche rotella fuori posto avrebbe potuto indossarlo. Tuttavia quell’uomo attirava poco Luca, che invece venne catturato da un particolare della ragazza di fronte a lui che prima non aveva notato. Tra i capelli i capelli castani si riuscivano ad intravedere le orecchie, giusto un po, tanto quanto basta per catturare il sui sguardo. Chissà perche le osservò per così tanto tempo… Mancavano all’incirca cinquecento metri prima di arrivare al quartiere dove era ubicata la casa editrice. Questo voleva dire che, calcolando traffico ed altre cose varie, a Luca gli restavano solo due minuti e ventuno secondi per scoprire il colore degli occhi di quella ragazza seduta di fronte a lui. Doveva inventarsi qualcosa. Di certo non avrebbe potuto dire: “Ehi scusa bella ragazza, di che colore sono i tuoi occhi?”, Luca è un ragazzo alquanto ridicolo, ma non fino a questo punto . Mancavano ormai pochissimi metri all’arrivo, ma niente, la ragazza continuava a tenere la testa inclinata verso il basso. Le porte si stavano aprendo. Le prime persone cominciarono a scendere sul marciapiede. “Che ore sono?” disse Luca, la ragazza alzò lo sguardo accennando un piccolissimo sorriso. “Le otto e cinquanta”, rispose lei. Erano marroni, ed erano bellissimi.
mercoledì 21 dicembre 2011
Per sempre! (?)
... il nonno allora fece un sorriso. Zoppicando si avvicinò al camino e lo alimentò utilizzando gli ultimi rametti che erano rimasti. Nell'aria subito si liberò quel piacevole odore di legno bruciato. Erano tutti in silenzio. Si sentiva soltanto la pioggia che batteva sui vetri delle finestre e il rumore del vento che cercava in tutti i modi di trovare qualche spiraglio per entrare in salotto. Il fuoco cominciò a schioppettare quando il vecchio si sedette sulla poltrona di fronte al camino. Riusciva a parlare a stento, era malato e senza forze, sembrava quasi che, a breve, fosse arrivato per lui il tempo dell'eterna felicità, ma era incredibile la facilità con la quale i nipotini riuscirono a convincerlo a raccontare per l'ennesima volta la stessa storia. Non si stancavano mai di ascoltarla, altri bambini avrebbero preferito scartare i regali di Natale. E' insolito incontrare dei bambini che si fanno rapire dalle storie d'amore. Per loro questa era una favola speciale, una favola reale, la favola del nonno e della nonna. Pochi istanti prima che cominciasse a narrare la sua storia, al vecchio cominciarono a brillare gli occhi, e una lacrima gli scivolò dolcemente sulla guancia. "Ricordo quel giorno come fosse ieri" disse. "Pioveva, pioveva tanto, proprio come adesso, ma non faceva freddo, era primavera. Io e la nonna eravamo appena usciti da scuola e non avevamo con noi un ombrello. Ci riparammo quindi sotto una tenda da sole che proteggeva l'ingresso di una rosticceria. Insieme a noi c'era anche qualche altro ragazzo. Ne ricordo uno in particolare, era alto ed aveva i capelli lunghi e scuri e non faceva altro che fissarci. Non mi ricordo come si chiamava, so solo che dopo la fine del liceo non lo vidi più. Mi avvicinai alla nonna cercando un contatto fisico, ero insicuro sul da farsi, ma poi la fortuna mi venne incontro: fu lei ad avvicinarsi a me. Si avvicinò lentamente, io ne approfittai per abbracciarla. Rimanemmo attaccati per una decina di minuti, ero emozionatissimo, le parole erano imprigionate sulla lingua. Ci fissammo per qualche secondo, aspettavo quel momento da tantissimo tempo. La baciai, per la prima volta. Fu il bacio più bello della mia vita.
Bhè, Tecnicamente non fu un vero e proprio bacio, fu, più che altro, uno sfiorarsi privatissimo delle nostre labbra. Fu talmente rapido e improvviso che la nonna rimase di stucco. Ma poi liberò il suo fantastico sorriso in tutto il suo splendore, e il mio cuore improvvisamente si sollevò, e gli diedi il secondo bacio, anche questo quasi rubato. Quando tornai a casa continuai a pensare al momento in cui le avevo sfiorato la bocca. Il cuore batteva all'impazzata. La sera ci rivedemmo ancora. Era la festa che sanciva la fine dell'anno scolastico. Fui ancora io a prendere l'iniziativa, le rubai altri due baci a timbro. Poi ci allontanammo per un pò. Io restai a chiaccherare con i miei amici, lei con i suoi. Improvvisai anche qualche passetto, quando lei, ad un certo punto, mi spuntò davanti. Ci stringemmo e lei mi baciò. Questa volta fu un bacio vero. Ricordo anche che quella notte non riuscii a prendere sonno, non facevo altro che pensare a lei. Immaginavo il suo viso, i suoi capelli, la sua pancia... Era bellissima. Non feci altro che pensare a Lei.
Tutti i giorni.
Fino ad oggi, per settant'anni.
E continuerò a ricordarla.
Per sempre".
Bhè, Tecnicamente non fu un vero e proprio bacio, fu, più che altro, uno sfiorarsi privatissimo delle nostre labbra. Fu talmente rapido e improvviso che la nonna rimase di stucco. Ma poi liberò il suo fantastico sorriso in tutto il suo splendore, e il mio cuore improvvisamente si sollevò, e gli diedi il secondo bacio, anche questo quasi rubato. Quando tornai a casa continuai a pensare al momento in cui le avevo sfiorato la bocca. Il cuore batteva all'impazzata. La sera ci rivedemmo ancora. Era la festa che sanciva la fine dell'anno scolastico. Fui ancora io a prendere l'iniziativa, le rubai altri due baci a timbro. Poi ci allontanammo per un pò. Io restai a chiaccherare con i miei amici, lei con i suoi. Improvvisai anche qualche passetto, quando lei, ad un certo punto, mi spuntò davanti. Ci stringemmo e lei mi baciò. Questa volta fu un bacio vero. Ricordo anche che quella notte non riuscii a prendere sonno, non facevo altro che pensare a lei. Immaginavo il suo viso, i suoi capelli, la sua pancia... Era bellissima. Non feci altro che pensare a Lei.
Tutti i giorni.
Fino ad oggi, per settant'anni.
E continuerò a ricordarla.
Per sempre".
sabato 17 dicembre 2011
La sagra della salsiccia!
Mi accorgo di avere avanzi della cena tra gli incisivi. Peccato, avrei potuto baciarla. La prossima volta nel portafoglio, insieme ai preservativi, dovrò ricordarmi di portare qualche stuzzicadente. Non è la prima volta che mi capita. Già qualche tempo fa un panino ripieno di broccoli fece andare a puttane una situazione che poteva evolversi in maniera positiva. Occhi azzurri, capelli biondi, alta, magra, due belle tette sorridenti ed un culo veramente simpatico. Sarebbe stato un vero piacere confrontarmi con lui. Eravamo seduti insieme a tavolino. Intorno a noi c'era la sagra della salsiccia, la più bella degli ultimi duemila anni. Una festa di paese così bella non si vedeva da quando Gesù Cristo moltiplicò il pane, i pesci e trasformò l'acqua in vino. Questa era addirittura meglio. Luigino il contadino quest'anno si è impegnato veramente tanto: aveva sostituito le damigiane da sessantacinque litri con le autobotti dei vigili del fuoco. Il vino scorreva a fiumi e naturalmente la gente ballava, cantava e si divertiva. Anche a me non andava poi così male. Quel giorno, quelle tette a trentadue denti e quel gran culo marmoreo avevano deciso di accollarsi anche la ragazza intera. Mi pare che si chiamasse Giulia. Amava le salsicce, le amava tanto... Purtroppo la mia non la accettò. Volevo offrirgli una bella salsiccia grossa, di quelle molto gustose e saporite, ma in quel panino ci feci mettere anche una forchettata di broccoli. A lei non piacevano i broccoli. Il panino mi costò una fortuna e per non sprecare denaro avevo deciso quindi di mangiare io il panino. Purtroppo un pezzo di broccolo mi si incastrò tra gli incisivi, naturalmente niente di irrisolvibile. Cercai di asportare dai miei denti la gustosa verdura, attraverso vorticosi movimenti della lingua, ma invano. Alla fine mi aiutarono le unghia. Un gesto non proprio sopraffino che fece andare in fumo quella che sarebbe stata la scopata del secolo. Federica, così chiamai il suo culo, preferiva accettare salsicce senza broccoli. Questi piccoli episodi modificano il proprio ego più profondo. Fanno si che nella tua mente spuntino come funghi complessi esistenziali. Ne è a testimonianza il fatto che prima di baciare una ragazza, adesso ci penso due volte. Naturalmente ci penso dopo aver constatato di non avere niente tra i denti. Ho frequentato anche un corso speciale: il CBURBSFTP, acronimo di "Come baciare una ragazza bona senza farsi troppi problemi". Inutile dire che non è servito a nulla. I professori saranno stati anche bravissimi, ma ho come l'impressione di aver buttato nel cesso milleduecento euro. Mi hanno conferito un diploma, ma l'ansia prima di baciare le ragazze rimane sempre. Poco prima dello sfiorarsi della labbra, i neuroni, pur se arrapati, cominciano a far pensare cose strane. "E se poi mi rifiuta?", "e se poi mi rifiuta e mi tira uno schiaffo?", "e se poi mi rifiuta, mi tira uno schiaffo e chiama il fidanzato?", "e se poi il fidanzato completamente incazzato mi massacra aiutandosi con spranghe di acciaio inossidabile?"... Ma da oggi in poi cambio. Parteciperò solo alle sagre dei frutti di bosco, sperando che qualche signorina, mi offra la sua bella fragolina!
In amore vince chi fugge...
...vibra, il telefono inizia a squillare. Finalmente, aspettavo questa telefonata da moltissimo tempo. Per tutto il giorno non avevo fatto altro che fissare lo schermo del cellulare. Più lo guardavo, e più il tempo passava lentamente, ma non potevo farne a meno, era come una droga. Ho desiderato per ore che arrivasse un suo messaggio o una sua chiamata, e adesso il mio Genio stava per uscire dalla magica lampada. Aspetto che passi il primo squillo, poi il secondo, il terzo... Risposi dopo il sesto squillo. In amore vince chi fugge. "Pronto". Cominciammo a parlare, prima con le coccole di consuetudine, poi passammo alla scuola, poi al cinema, poi al teatro. Restammo attaccati alla cornetta per moltissimo tempo, fino a notte fonda. Parlare con te non mi stanca mai, è sempre un piacere, una gioia infinita. Resterei a telefono anche mentre dormo, se solo fosse possibile! Il momento più bello è stato il momento della lettura. "Ti piace Harry Potter? Potremmo fare una cosa carina... ti andrebbe se te lo leggessi?" Quella sera mi lesse il primo capitolo del primo libro di Harry Potter. Una ventina di pagine se non ricordo male. Io ero felicissimo, mi brillavano gli occhi. Sarei potuto rimanere a telefono con lei ancora per un po. Finiamo la telefonata con la seconda sessione di coccole. Bacini, bacetti, ti penso e buona notte! Buona notte... quella notte non dormii poi tanto bene. Continuavo a rivoltarmi nel letto, a girare i cuscini. A peggiorare la situazione era il caldo, caldo di scirocco precisamente. Scirocco africano. Ero agitatissimo, non riuscivo a stare fermo. Chiudevo gli occhi e li riaprivo pochi istanti dopo, convinto di essere in un incubo. Perche? Perche in realtà quella chiamata non ci fu davvero, era solo frutto della mia fantasia. Avevo immagginato tutto. Sono le tre e quarantuno della notte e tu ancora non ti sei fatta sentire. Sia maledetta la distanza. Tu sei la e io qua, tra di noi ormai c'è soltanto il mare... Ma io il cellulare non lo spengo. Rimarrà acceso finché la batteria lo permettera... In amore vince chi fugge. Io sono un perdente,tu invece hai stravinto. In amore vince chi fugge. Il punto è che ti sei allontanata troppo...
venerdì 16 dicembre 2011
Accantonare i sentimenti...
Non ne sono sicuro, ma credo che abbia preso l’ennesima cotta per una ragazza. Però questa volta è diverso. Questa è una cotta anomala. Di solito quando provo un qualche tipo di infatuazione verso una ragazza, la sbandata dura solo per qualche giorno, al massimo una settimana, poi passa tutto. Dopo qualche giorno smetto di fissare continuamente le foto del profilo su Facebook della ragazza in questione, e magari comincio subito a guardarmi intorno, con la speranza di trovare una nuova fanciulla con cui dare sfogo alla mia fantasia. Ma questa volta è diverso, non conosco il perché, ma so che è diverso. E’ passata molto tempo da quando ho pensato per la prima volta che io e lei saremo potuti essere un qualcosa di speciale. Questo è il chiaro segno che stanno per arrivare i guai. Queste situazioni vanno a finire sempre male. Mai un lieto fine. Inizialmente l’ottimismo è tanto, poi, con il passare del tempo si finisce nel pensare al negativo. Ed è proprio quando si comincia ad essere pessimisti, che si scrivono cose simili…
Lei, la reputo incredibilmente bella. Bella e affascinaste. Passo interi pomeriggi ed intere notti a guardare le sue foto, ma da vicino non ho mai avuto il coraggio di fissarla negli occhi per più di qualche secondo di fila. La osservo solo quando sono sicuro che lei non stia osservando me. E’ da codardi, lo ammetto, ma non riesco a fare altrimenti. Ho paura di quello che potrebbe accadermi dopo. Oltre a non sopportare i film horror e lo scoppio dei fuochi d’artificio, non so neanche trovare il coraggio di dichiarami in qualche modo ad una ragazza. Potrei sembrare uno spavaldo, senza pensieri e paure, ma in realtà, per alcuni aspetti, sono peggio di un bambino. In fondo cosa potrebbe capitarmi? E’ solo una ragazza. Al massimo potrebbe rifiutarmi, come tante altre hanno fatto prima di lei. Ma ora diverso. E’ una cotta anomala questa… Non so come potrei prendere un “no” da parte sua. E’ per questo che adesso getterò tutto nel dimenticatoio, e farò finta che non sia accaduto nulla. In questo sono un maestro…
Iscriviti a:
Commenti (Atom)